mercoledì 5 ottobre 2011

2a, 3a lezione 5-10-2011

Origini della moderna storiografia della scienza, Bush, Conant, Kuhn, Holton, Buchdahl, le quattro componenti





















Introduzione al libro di Haas.
Biografie:
"Feynman, Richard Phillips." Complete Dictionary of Scientific Biography. 2008. Encyclopedia.com. (October 8, 2011). http://www.encyclopedia.com/doc/1G2-2830905671.html
"Planck, Max Karl Ernst Ludwig." Complete Dictionary of Scientific Biography. 2008. Encyclopedia.com. (October 8, 2011). http://www.encyclopedia.com/doc/1G2-2830903438.html
"Haas, Arthur Erich." Complete Dictionary of Scientific Biography. 2008. Encyclopedia.com. (October 9, 2011). http://www.encyclopedia.com/doc/1G2-2830901791.html

Una genealogia

Le origini del concetto di energia (e della scienza occidentale) risalgono al tentativo di superare le spiegazioni mitologiche e religiose degli eventi naturali ed al problema di conciliare due categorie opposte, entrambe necessarie a dare un’interpretazione dei fenomeni naturali: l’essere (inteso come permanenza nel tempo) e il divenire (inteso come cambiamento continuo). Si ipotizza l’universo inteso come un tutto e che “niente si crea e niente si distrugge”, una concessione alla categoria della permanenza, dell’essere. Nello stesso tempo però si accetta il cambiamento: sono possibili tutte le trasformazioni che sono in accordo con la regola precedente. All’interno del “divenire” dei fenomeni naturali si ipotizza quindi che “qualcosa” resti costante (altrimenti ci sarebbe creazione o distruzione). La concettualizzazione e la identificazione di questo “qualcosa” ha occupato filosofi prima e scienziati poi per circa duemilacinquecento anni, spesso con accaniti dibattiti e soluzioni contrapposte, ed è una storia ancora in corso.
Qual è dunque la genealogia storico-concettuale del termine “energia”? Qual è lo sviluppo storico delle applicazioni che hanno dapprima portato e poi sono derivate dal principio di conservazione? Un problema complesso. Alcune risposte possono essere trovate attraverso un percorso storico tra i testi di autori straordinari. Lungo il percorso vedremo varie interpretazioni del principio (regolativo: con caratteristiche sia giustificative che euristiche), dei modelli concettuali ad esso associati (l’intellegibilità, ovvero la spiegazione concettuale), delle formulazioni matematiche e delle determinazioni sperimentali. Andremo alle origini metodologiche e culturali della scienza occidentale. Le varie formulazioni del principio saranno legate a specifiche “filosofie” e i vari modelli del concetto saranno legati a specifiche discipline e teorie, i bilanci energetici ad un complesso rapporto teoria-esperienza (se il bilancio non torna abbandoniamo il principio? oppure conserviamo il principio e modifichiamo la teoria e/o le determinazioni sperimentali?). Infine il significato del principio viene discusso in relazione “alle condizioni di possibilità” della conoscenza scientifica.
Si presenta qui uno schema dell’evoluzione storica, certamente non lineare né cumulativa, di alcuni importanti elementi che hanno concorso a interessanti formulazioni, spesso oggetto di dibattiti e controversie scientifiche, del principio di conservazione e dei modelli di energia che via via l’hanno accompagnato. Da una parte dunque elementi di filosofia della natura, dall’altra modelli esplicativi, formulazioni quantitative, risultati sperimentali, innovazioni tecnologiche. Si spera così di dare un contributo alla “genealogia” del principio di conservazione dell’energia.
a) Già nella filosofia della natura presocratica si trovano elementi di grande rilievo: l’idea dell’universo come un tutto e della sua conservazione, i tentativi di identificare cosa si conserva, e quelli di spiegare il mutamento. La filosofia di Aristotele, pur differenziandosi da questi promettenti inizi, offre molti duraturi contributi: il primo uso del termine “energeia”, la tendenza a passare dalla potenza all’atto, la tendenza verso lo stato “naturale” di equilibrio.
b) Nel periodo medievale inizia la vana ricerca di un motore perpetuo (produzione di lavoro senza corrispondente compensazione) e l’innovativo tentativo di quantificare le qualità: il prodotto (fattorizzazione) di due grandezze (una delle quali “intensiva” e l’altra “estensiva”) ci dà una terza grandezza.
c) Via via si afferma l’impossibilità del motore perpetuo e nel Seicento questo principio produce numerosi e importanti risultati: l’equilibrio sui piani inclinati (Stevino), la legge di caduta che lega altezze e velocità finali di caduta (Galileo), il ruolo dell’espressione mv2 e la conservazione di questa quantità ad una determinata posizione (Huygens) in una fisica che si contrappone a quella newtoniana delle traiettorie. Il famoso dibattito tra cartesiani e leibniziani (si conserva la quantità di moto o la forza viva?) accompagna notevoli contributi di Leibniz: negli urti anelastici la forza viva diventa interna, la causa uguaglia l’effetto (la causa diminuisce quando l’effetto cresce in maniera quantitativamente corrispondente), causa ed effetto vengono identificate con forza morta e forza viva (ma ciò è reversibile), il lavoro meccanico (effetti nello spazio) viene proposto come unità di misura per tutti i fenomeni della natura (l’impossibilità del motore perpetuo garantisce l’invarianza dell’unità di misura).
d) Nel Settecento emergono contributi di minore generalità ma di maggiore concretezza: sviluppi analitici portano al teorema (non più principio!) del lavoro-forza viva ed alla prima definizione della funzione potenziale. La conservazione della forza viva è intesa come conservazione ad una determinata posizione. Si sviluppa la meccanica applicata alle macchine e l’accento passa alla trasmissione del lavoro, in un nuovo significato la conservazione della forza viva (lavoro latente) diventa necessaria per ottimizzare il rendimento: vanno eliminati urti e attriti negli ingranaggi. Si sviluppano anche le macchine termiche, con la progressiva separazione di caldaia, cilindro e condensatore, e si arriva alla distinzione tra calore (grandezza estensiva) e temperatura (intensiva), calore effettivo e calore latente. Due personaggi geniali, eterodossi ma fortemente innovativi, professori all’Università di Pavia, vanno ricordati: Boscovich che tentò di descrivere tutti i fenomeni con una “forza” unitaria, e Volta che utilizzò il prodotto di grandezze estensive ed intensive e definì la “tensione”. Sviluppando la teoria del contatto bimetallico (conduttori “motori”) Volta costruisce la pila, che consentirà straordinarie trasformazioni e conversioni.
e) Agli inizi dell’Ottocento si contrappongono due filosofie della natura diverse: da una parte il modello “standard” laplaciano, basato su una concezione corpuscolare, forze a distanza e fluidi imponderabili, dall’altra la filosofia romantica della natura, tesa da una parte all’esperienza qualitativa ma dall’altra all’unità dei fenomeni della natura. Inaspettatamente da questo secondo approccio emergono numerosi risultati che collegano variamente calore, lavoro, elettricità, magnetismo, gravitazione, ottica. Sadi Carnot, in parte sulla base delle suggestioni del padre Lazare, pone i fondamenti della termodinamica, Mayer e Joule, rifiutando l’idea del calore come sostanza, cercano di determinare se le trasformazioni siano basate su coefficienti di equivalenza costanti. Helmholtz concluderà la prima metà del secolo con una sintesi dell’idea newtoniana di forza a distanza e leibniziana di conservazione forza morta-viva (ora energia cinetica e potenziale). Siamo alla prima formulazione del principio di conservazione dell’energia che si applica a tutte le discipline e a tutto l’Universo. Non a caso una conservazione “globale” (basata sull’azione a distanza). Nasce la fisica teorica: le leggi devono essere in accordo con il principio oltre che con gli esperimenti, il principio deve essere specificato attraverso modelli (spesso in competizione), le varie forme di energia vanno individuate nella maniera più completa possibile (compito difficile!).
f) La seconda metà del secolo si apre con delle controversie: Weber e Clausius obiettano alla restrizione imposta sulle forze newtoniane, Rankine propone la “fattorizzazione” dell’energia, Maxwell decide di matematizzare (e modificare) la teoria di Faraday dell’azione a contatto. Mentre Clausius e Kelvin trasformano i risultati di Carnot nel secondo principio della termodinamica. Sulla scia dei lavori di Maxwell si sviluppa un principio locale e non globale di conservazione, legato cioè all’azione a contatto e non a quella a distanza. Due famosi allievi di Helmholtz, Hertz e Planck, sostengono il principio locale. Hertz riscrive la Meccanica tentando di eliminare il concetto di energia potenziale e Planck sostiene l’impossibilità di una definizione primaria (finale) della conservazione dell’energia. Sul finire del secolo si sviluppano accesi dibattiti sui fondamenti: concezioni meccaniche, elettromagnetiche, termodinamiche, energetiche tentano di prendere il sopravvento.
g) Ma agli inizi del nuovo secolo Einstein con i quanti e con l’equivalenza massa-energia avvia una nuova rivoluzione: i vecchi approcci vengono modificati e si affermano la relatività e la meccanica quantistica che poi entreranno in (parziale) competizione. Emmy Noether riconduce i principi di conservazione all'ambito delle simmetrie. Interessante negli anni trenta la vicenda del neutrino: Bohr e Pauli di fronte ai problemi dei bilanci energetici relativi al decadimento beta prendono posizioni diverse: il primo suggerisce l’abbandono del principio, il secondo la modifica del modello con l’introduzione di una nuova particella, poi battezzata da Fermi “neutrino”. Con l’acceleratore di Cockroft-Walton si ottiene la prima corroborazione dell’equivalenza massa-energia e nei primi anni quaranta lo sviluppo della prima pila atomica da parte di Fermi apre le porte alla “big science”.

Il concetto d'energia ha rappresentato il tipo d'intellegibilità che il filosofo francese delle scienze, Emile Meyerson, descrive come costituente l'obiettivo stesso dell'impresa scientifica: la riduzione del diverso ad un'identità più fondamentale, del cambiamento ad una permanenza profonda. Partendo da presupposti diversi Prigogine nota che ancora oggi è sul terreno dell'interpretazione del concetto di energia che si decide l'esito di quelle stesse antiche domande sui valori relativi della permanenza e del divenire.
La conservazione dell’energia, con la continua tensione tra “essere” e “divenire” viene utilizzata in molte discipline diverse: dalla biologia alla psicologia alla psicanalisi.
Ma la digitalizzazione delle conoscenze, la “dematerializzaione” ed i problemi ecologici ne mettono in discussione il primato agli inizi del nuovo millennio.

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